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IMG_0164Lavoro di grazia e tormento

La personale di ogni artista è tutte le volte un punto che viene fermato lungo un percorso illusoriamente lineare e progressivo. Il punto fermo è in effetti tale, perché le opere in mostra non solo vengono fissate in uno spazio e contesto espositivo, ma anche riproducono un congelamento, cioè un’idea, una selezione, una successione – per tanti versi arbitrarie – del momento o dei momenti creativi che le hanno originate. I quali momenti invece di per sé sono ondivaghi e spesso provvisori, fatti di slanci in avanti, deviazioni, ritorni, riprese e rielaborazioni, tentativi e nuove ispirazioni. L’Arte non è qualcosa che si muove da qui a lì in modo deterministico, non ha direzioni corrette o sviluppi programmabili, ma, lo s’intuisce bene, rappresenta un’evoluzione dell’animo umano che possiede una propria imprevedibile intrinseca coerenza dove passato presente e futuro si combinano di sovrapposizioni e richiami reciproci, di intersezioni e derivazioni e estensioni.

L’esperienza artistica di Antonietta Campilongo incarna bene questi aspetti, perché la pittrice fa procedere le sue esposizioni  per tappe che in qualche maniera racconteranno anche il completamento di un ciclo di ideazione e di produzione, ma che invece poi danno soprattutto conto di come le dinamiche della sua arte abbiano moti di direzione simultanei e di come tale movimento riesca a fondere e confondere gli itinerari già scorsi con le prospettive audaci che intravede. La maturazione, nel corso degli anni e delle personali sperimentazioni, di una propria cifra originale e peculiare di stile, padronanza ed interpretazione del mezzo pittorico non tenta la Campilongo verso un ordinamento, che sarebbe poi accantonamento, del passato, e di conseguenza a definire un assetto per il futuro; ma al contrario la costringe a “sparigliare costantemente le carte”, a tener piena la freschezza d’inventiva tanto quanto pieno è l’interesse ad indagare il mondo ed i fenomeni umani.

Nelle opere degli ultimi anni, si esprime in maniera compiuta proprio questa attenzione, questo sguardo acuto e curioso e partecipe rivolto alla contemporaneità ed alle mille contraddizioni da cui questo tempo in corso non riesce ad affrancarsi, di cui sembra non maturare consapevolezza, in cui inanemente si dibatte. Ma Campilongo è totalmente artista, e fortunatamente così la sua interpretazione del mondo non ha nulla degli intellettualismi in cui facilmente cade chiunque cerchi di estrarre, e di astrarre, verifiche dalla realtà. La sua è un’analisi di meditata immediatezza; un’immagine, una situazione, una luce che inzuppa la vita per un attimo di straordinaria quotidianità, ecco che l’occhio dell’artista vede e trasforma un dato di fatto in un paradigma del momento storico. Dell’attuale momento storico. Quindi, gli stili di vita, i condizionamenti che li determinano, le aberrazioni che li stravolgono, sono fatti oggetto di una rappresentazione lucida ed al tempo stesso poetica, impietosa e nel contempo sospesa e distante. Ogni soggetto, spesso esaltato da un realismo minuzioso, viene poi calato in un’atmosfera dalla nettezza metafisica, nella immobilizzazione del momento e delle emozioni. Il contrasto che viene così a prodursi è come una sorta di terreno su cui l’artista coltiva tutta l’intensità emotiva e l’energia creativa che da sempre sono alla base del suo lavoro.

Antonietta Campilongo, proprio in questo più recente insieme di opere, si sofferma a riflettere sull’equilibrio ormai precario con cui l’uomo moderno e metropolitano sviluppa il rapporto con aspetti basilari della sua stessa esistenza. Il tema della relazione con l’ambiente, dei processi produttivi e delle scelte alimentari, quello dei comportamenti soggettivi e delle consuetudini collettive e sociali, il confronto complesso e spesso critico che gli individui hanno con il presente, sono posti sotto la lente d’osservazione di questa pittura dai colori puri e dalle luci intense, vengono ridotti ad una salutare limpidezza con un misto di ironia, eleganza e visionarietà.

Il risultato è una mancanza di prevalenza: né i temi trattati sono semplici pretesti per fare pittura, né la pittura rimane schiacciata dall’emergenza dei soggetti. L’equilibrio tra la forza speculativa dei contenuti e quella percettiva e tecnica su cui deflagra l’ispirazione artistica  è esso stesso una tensione, un sottile filo d’intreccio fra messaggio etico e messaggio estetico che tempra e definisce l’universo espressivo, il modo con cui Antonietta Campilongo restituisce alla realtà la sua grazia ed il suo tormento.

(francesco giulio farachi)

IMG_0104Performance:

Nel corso dell’inaugurazione

∞ :  “DIMMI COSA VEDI”

Gianno Piacentini bendato e privo di riferimenti, chiede ai presenti di raccontargli le opere esposte.

La performance fa scoprire ad entrambe le parti l’acume visivo confluito nell’arte, il racconto e le questioni che sempre la animano.

L’irradiazione colpisce gli occhi e le parole la vorrebbero trasmettere, mal’irradiazione non esaurisce le immagini.

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