Project Description
Un attimo, una vita
La luce, a volte, ha un taglio netto, culminante. Accade quando un attimo diventa significativo, quando gli elementi della scena si compongono attorno ad un nucleo, ad un centro focale, e pare che nulla sia più lì per caso o per concomitanza di eventi, ma tutto quanto sembra disposto ad arte per creare uno sfondo di narrazione. A volte, il ricordo si condensa in una sorta di rappresentazione limpida e tersa di sensazioni, come un lampo di suggestione su cui rimangono stagliati i profili della vita. A volte, siamo noi che guardiamo più con gli occhi della mente e rivestiamo momenti quotidiani di uno splendore di straordinarietà.
Antonietta Campilongo sa di predare. Usa, cosciente e disinvolta, di questa distorsione che il senso opera sulla realtà, ne intride le superfici pittoriche, la rimanda indietro cristallizzata, fissa e duratura nella sua propria subitanea ed effimera esistenza. La pittrice si appropria della imagerie quotidiana, cattura scenari di odierno contesto urbano, disegna deflagrazioni di istanti, e fa librare minute sospensioni del tempo, fuggevoli impressioni disperse sullo scorrere prevaricante della vita. C’è un fondo di affilata ironia, quando questo stillare dall’ordinario, dal dejà vu, accoglie ambientazioni, atmosfere, visi e personaggi carpiti dalle scene di film. È la rappresentazione di una dialettica irrisolta, quasi che la vita, ogni vita, subisse nelle sue pieghe uno spasmo drammatico e teatrale che perennemente gioca di rincalzo al dispiegarsi inavvertibile degli eventi; è come se ogni momento celasse una potenzialità d’innesco, si caricasse per scattare nel parossismo dell’evento romanzesco, eccezionale. È la nostra comune illusione, il nostro compiacimento, pensare a quel colore di straordinarietà che crediamo, o che desideriamo, abbia la nostra esistenza; ma è anche la nostra esperienza, avvertire l’assieparsi di fatti ed emozioni dentro una frazione infinitesima di tempo, la sensazione di un orlo che si va colmando, consapevolezza della tensione superficiale un attimo prima che il liquido di una vicenda trabocchi.
L’artista racconta e fa raccontare. Nei suoi quadri c’è sempre un vuoto, uno spazio assente, un fuori campo su cui stanno convergendo tutti gli antefatti e tutti gli sviluppi possibili. L’inquadratura conserva una sua parzialità, da cui viene pressoché esclusa la pienezza, ma quindi anche l’oggettiva rappresentazione, dell’azione. Tutto può sempre accadere, perché in effetti cosa stia accadendo resta inespresso. Ed allora non solo il soggetto ritratto, non solo l’autore, ma anche l’osservatore diventa narratore e narrato, tutti si ritrovano e si reinterpretano secondo i ruoli, e si scoprono a parlare di sé e della propria vita. Campilongo riserva un luogo per l’immaginario.
Anche perché la sua tecnica espressiva – che si dispiega agilmente tra modi dell’iperrealismo, della pop art, del realismo fotografico, dell’espressionismo fumettistico e grafico – solo apparentemente indulge ad una rappresentazione di meccanico ricalco della realtà, ad un’effettività veristica e senza scampo. Invece, su questa base esteriormente impersonale, l’artista armonizza vivide accensioni di colore, effetti di solarizzazione, di sgranatura, di opacizzazione e rifrazione. Fino ad asciugare le tinte nelle gradazioni di grigio, fino all’astrazione ed allo straniamento di contrapposizioni d’ombra. Talune volte tutto si riveste di nitida coloritura, divampa di luce e toni; altre, il pastello di una penombra sfuma i contorni ed i riflessi; altre ancora, il colore viene assorbito al bianco-nero di un’esplosione di luce, come la sovraesposizione ad un flash troppo ravvicinato, o come una distillazione che lascia solo la purezza di un’immagine, di una sostanza, di un’emozione. E dunque Antonietta Campilongo gioca di contrappasso. Tanto il momento rimane fisso, come in apnea, delimitato e sospeso anche nei suoi canoni formali, nella sua aderenza alla realtà, tanto esso sembra essere immobilizzato nel fermo-immagine di storie accertate; tanto di contro si espande, nasconde implicazioni e prospettive, scava nella profondità di intime proiezioni, si innerva su trame d’esistenze, vive avventure carnali e fascinazioni personali. Cosicché la vastità e complessità dei mondi interiori e privati si rivela e compone solo in limpidi frammenti di tempo ed evento, sequenza di esigue scene, intreccio di sfaccettature e di atmosfere. Ed un attimo racchiude così un tempo prolungato, infinito. Il tempo giusto per il racconto della vita.
Francesco Giulio Farachi